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Brutas Editoras

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Quando è nata la Brutas Editoras?

Nell’agosto del 2011 abbiamo pubblicato il nostro primo libro: Japón

 

Può descrivere il lavoro della casa editrice?

Siamo una casa editrice minuscola, che si muove ispirata dall’amore per l’arte e punta solo sulle proprie forze, con un piccolo ma selezionato gruppo part-time. Abbiamo due collane. In Destinos Cruzados cerchiamo autori che scrivano dell’esperienza del transito, ossia, del sentirsi stranieri in luoghi estranei – città, paesi, spazi non definiti da confini politici come la foresta, il deserto, o una frontiera. Testi che narrano l’esperienza dello straniamento, degli interrogativi sull’identità, della fragilità al cospetto di un territorio sconosciuto e di tutto ciò che ruota attorno a questo incontro.

In Lenguas Cruzadas, la nostra nuova collana di narrativa, l’incontro all’interno del libro non è territoriale ma linguistico: pubblichiamo edizioni bilingue (testi in spagnolo e la rispettiva traduzione in inglese) di racconti di diverse tematiche, dal romanzo breve al racconto lungo, con l’obiettivo di far circolare autori giovani nel Nord America e incentivare così letture incrociate di nuova narrativa ispanoamericana.

 

Qual è stato il primo libro che avete pubblicato?

Japón, di Lolita Bosch e Alberto Olmos.

 

Quali caratteristiche deve avere un autore per pubblicare con voi?

Lavoriamo con cura estrema, cerchiamo testi originali che esplorino le possibilità formali della scrittura. Facciamo soltanto i libri che ci appassionano, che ci stimolano. Che ci sembrano indispensabili. Non ci interessa se gli scrittori sono esordienti o già consacrati, ma ci interessa la qualità dei testi che producono e che questi dialoghino tra loro all’interno della collana (nel caso della collana Destinos Cruzados). Non accettiamo manoscritti.

 

Quali sono i titoli più venduti? E quali quelli che rappresentano meglio la vostra linea editoriale?

I libri che si sono venduti di più sono [escribir] París di Sylvia Molloy ed Enrique Vila-Matas e, un po’ meno, Berlín [dividido] di Juan Villoro e Matilde Sánchez (quest’ultimo è ora fuori catalogo). Ma c’è anche un effetto “collezione”. Raramente viene comprato un solo libro, i lettori ne prendono almeno due o tre alla volta, per tenerli tutti insieme, per leggerli uno dopo l’altro, per trovarvi una linea editoriale.

 

Che tipo di lettori sono i cileni?

È difficile per noi fare considerazioni di questo tipo, perché il nostro bacino non è il Cile o, perlomeno, non solo. Abbiamo un pubblico eterogeneo, latinoamericani e latinos a New York, centroamericani che trovano i nostri libri in Costa Rica, cileni che li reperiscono nelle librerie Metales Pesados e Lila, argentini che li comprano da Eterna Cadencia, e degli anonimi che li trovano su Amazon.

 

Come descriverebbe la situazione attuale dell’industria editoriale del suo Paese? E in generale in America Latina?

Mi sembra che sia il momento delle case editrici indipendenti. Sia in Cile che nel resto dell’America Latina. Queste case editrici hanno riempito uno spazio che le grandi case editrici hanno smesso di coltivare: lo spazio della scommessa su nuove voci e del mantenimento di voci già consacrate ma di minori vendite. È nello spazio creato da queste che si possono trovare le voci più originali, nuove forme per avvicinarsi a vecchie tematiche o per parlare di argomenti che rimangono al margine dell’interesse delle case editrici commerciali.

 

Che cosa fa il governo del vostro paese per incentivare l’industria editoriale e promuovere la lettura?

Si stanziano annualmente molti fondi sotto forma di borse di studio di sostegno alla traduzione e alla pubblicazione. Credo che manchi una visione un po’ più globale, nel senso che questi fondi sono destinati solo alla pubblicazione di autori nazionali, mentre a noi sembrerebbe necessario ampliare le letture, superare i confini nazionali ed eliminare la gravosa tassa del 19% sui libri, imposta come punizione ai lettori durante la dittatura. Gli editori indipendenti stanno lottando anche contro l’idea del libro come “bene di lusso”, riservato soltanto a pochi privilegiati.

 

I vostri libri sono tradotti all’estero?

Abbiamo appena cominciato ad esplorare questo aspetto.

 

Avete un aneddoto sulla vostra casa editrice che avete voglia di raccontarci?

Chiunque partecipi alla casa editrice – sia nel processo produttivo che in quello creativo – viene immediatamente inserito nel progetto e accolto come un’altra bruta. Pertanto, Vila Matas è una nostra bruta esattamente come Sylvia Molloy e tutti gli altri autori, e ovviamente tutta la nostra squadra, composta da vari collaboratori: facciamo tutti parte di una cosciente brutalità

 

Qual è il prossimo libro che pubblicherete e perché ne consigliereste la lettura?

Il nostro prossimo libro è un romanzo dello scrittore colombiano Antonio Ungar, che inaugurerà la collana di narrativa Lenguas Cruzadas. Una delle novità di questa collana è che il lettore si troverà di fronte a un doppio libro: da una parte Las Orejas del Lobo, e dall’altra The Ears of the Wolf, tradotto in inglese dall’eccellente Katherine Silver. Si tratta di un romanzo straordinario per molti motivi. Il lettore potrà percorrere paesaggi intimi della Colombia attraverso il ricordo di un bambino strano e solitario, un bambino che con il suo sguardo è capace di scompigliare il paesaggio e spogliare così la Colombia dai luoghi comuni di violenza e desolazione per lavorare con la bellezza e la sorpresa date proprio dalla sfrenata immaginazione infantile. La traduzione in inglese, inoltre, è bellissima, e permetterà letture diversificate di questo sorprendente romanzo.

Risponde alle nostre domande Lina Meruane, editrice di Brutas Editoras.


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